domenica 26 dicembre 2010

I Sistemi motivazionali interpersonali

È possibile ricorrere ad un unico modello teorico, suffragato da convincenti osservazioni empiriche, che spieghi e renda conto del significato e dei rapporti fra motivazione, emozioni e comportamenti interpersonali? Sembrerebbe di sì adottando la prospettiva di ricerca cognitivo-evoluzionista sui sistemi motivazionali interpersonali (SMI).
Quest’articolo ne vuole riassumere le principali conclusioni partendo dagli antecedenti storici che ne hanno permesso lo sviluppo.

La storia inizia nel periodo che va dagli anni ’30 agli anni ’50 del novecento quando numerosi studiosi si occuparono in maniera indipendente delle conseguenze negative sulla psiche dei bambini di un rapporto disturbato con la figura materna in termini di continuità, deprivazione e/o adeguatezza delle cure affettive ricevute, e nel contempo, ricercatori provenienti da altri settori giungevano a dati sovrapponibili in studi effettuati su altre specie animali. È il caso, per questi ultimi, degli studi etologici di Konrad Lorenz sull’imprinting e quelli particolarmente significativi di Harlow sui primati.

Gli esperimenti di Harlow

I primi psicologi comportamentisti ritenevano che il legame che il bambino stabilisce con la madre nelle prime fasi di vita dipendesse (venisse rinforzato) dal fatto che la madre fornisse nutrimento. Le ricerche effettuate da Harlow nel 1958 suggeriscono chiaramente conclusioni differenti. Nei suoi esperimenti Harlow separò dei piccoli macachi dalle madri sostituendole con due fantocci surrogati: uno, caldo e morbido che non forniva cibo, l’altro che dispensava latte ma fatto di solo metallo.


Le situazioni sperimentali realizzate mostrarono chiaramente che quando i cuccioli venivano spaventati o avevano bisogno di conforto si aggrappavano alla “mamma” di peluche, mentre quando avevano fame si nutrivano da quella di metallo. Risultò dunque evidente che il legame che il piccolo stabiliva con la madre fosse indipendente dal ricevere nutrimento e che, in altre parole, non potesse essere giustificato come un comportamento rinforzato dall'ottenimento di cibo.

Bowlby e l’Attaccamento

Gli studi di Harlow e quelli provenienti dall’etologia e dalla teoria evoluzionistica stimolarono lo psicoanalista John Bowlby a mettere a punto in forma compiuta una teoria che spiegasse il legame che si instaura fra madre e bambino e che più estesamente getta una nuova luce sulla comprensione della motivazione umana. Nella concezione di Bowlby, ampiamente suffragata da dati di ricerca, il legame di attaccamento bambino-madre costituisce l’esito di un sistema motivazionale primario, a base biologica e finalità evolutiva di adattamento distinta dalla soddisfazione dei bisogni fisiologici. L’Attaccamento è l’esito di un Sistema di controllo del comportamento che scaturisce dalla propensione innata a cercare la vicinanza protettiva di un membro della propria specie, ritenuto in grado di offrire cura, quando ci si percepisce vulnerabili ai pericoli. Negli esseri umani i comportamenti di attaccamento sono osservabili lungo tutto il ciclo della vita. 

Ricerche successive, condotte principalmente dalla sua collaboratrice Mary Ainsworth, hanno consentito di individuare 4 tipologie o stili di attaccamento che legano la madre e il bambino: Sicuro, Insicuro-evitante, Insicuro-ambivalente, Disorganizzato. Gli stili evidenziati si riflettono nella costruzione di modelli operativi interni in base ai quali il bambino costruirà modelli di sé stesso e degli altri basati sulle sue prime esperienze interattive. Questi modelli guideranno quindi gli schemi di lettura relazionale della vita adulta di cui potranno contribuire a spiegare eventuali aspetti psicopatologici.

I sistemi motivazionali

I più recenti sviluppi delle scienze cognitive in prospettiva evoluzionista hanno indagato ulteriormente l’ambito della motivazione umana pervenendo ad estendere significativamente le conclusioni di Bowlby. Il sistema di attaccamento diviene elemento di una architettura più ampia venendo ad essere considerato infatti solo uno dei Sistemi Motivazionali che regolano il comportamento animale e umano.

I sistemi motivazionali fondano su disposizioni innate, selezionate dai processi evoluzionistici. Si tratta di tendenze, propensioni ad agire verso obiettivi specifici (differenti dal concetto di istinto), inviti a perseguire particolari forme di interazione fra organismo e ambiente. Queste tendenze sono universali ed operano in tutti gli individui della specie anche se le loro espressioni concrete nel comportamento variano in funzione dell’esperienza del singolo individuo, particolarmente per l’uomo.

Ogni comportamento è dunque espressione di un confronto fra tendenze innate a perseguire determinate mete e le memorie di precedenti interazioni fra individuo e ambiente. Ogni comportamento contiene comunque un elemento motivazionale diretto a una meta tesa a realizzare un valore evoluzionistico di adattamento.
Ma quanti e quali Sistemi sìffatti sono stati individuati dalla ricerca?

L’organizzazione gerarchica dei sistemi motivazionali

Le conoscenze accumulate dall’evoluzione del cervello umano convergono nel delineare la validità di una visione evolutiva gerarchica organizzata su tre livelli (McLean, 1985), corrispondenti al cervello “rettiliano”, “antico-mammifero” o “limbico” e “neo-corticale”. L’architettura dei sistemi motivazionali segue questa tripartizione, aumentando la propria influenzabilità ambientale col salire di livello gerarchico.

Il livello evolutivamente più arcaico dell’organizzazione motivazionale è connesso all’attività neurale localizzata nel cervello “rettiliano” (tronco encefalico, nuclei della base). Esso è costituito da sistemi che regolano condotte non-sociali rivolte alla regolazione delle funzioni fisiologiche, alla difesa dai pericoli, all’esplorazione dell’ambiente, a definire e controllare un proprio spazio fisico vitale (territorialità), al procacciamento di cibo, e alla riproduzione sessuale.

Su queste sistemi non-sociali poggiano quelli appartenenti alla storia evolutiva più recente che controllano l’interazione sociale caratteristica dei mammiferi. Questo secondo livello corrisponde all’attività delle reti neurali localizzate nell’area limbica del cervello che comprende l’amigdala e il giro del cingolo. L’osservazione etologica delle condotte sociali presenti nelle diverse specie di mammiferi rivela alcune omologie universali: il richiamo alla separazione identifica il sistema motivazionale dell’attaccamento (o “richiesta di cura”), il contatto corporeo morbido e ripetuto quello dell’accudimento (o “offerta di cura”), i rituali di corteggiamento quello della sessualità finalizzata alla formazione di una coppia, posture e mimiche di sfida e di resa identificano il sistema competitivo di rango (o “agonistico”) e infine nei mammiferi più evoluti, come i primati, il gioco sociale e l’attenzione congiunta riportano al sistema cooperativo paritetico.

Il terzo livello, prerogativa della specie umana e localizzato nella neo-corteccia, riguarda la dimensione cognitiva dell’intersoggettività e della costruzione di significati, caratteristica emergente che soprassiede agli altri due sistemi ed è responsabile di combinazioni e variazioni individuali della loro espressione, che avviene anche in funzione della cultura di appartenenza.

I sistemi motivazionali interpersonali

I sistemi appartenenti al secondo livello gerarchico vengono nell’uomo denominati sistemi motivazionali interpersonali (SMI). Gli SMI sono quindi tendenze universali, biologicamente determinate e selezionate su base evolutiva, la cui espressione nel comportamento presenta variabilità individuali. Essi regolano la condotta in funzione di particolari mete e sono in stretta relazione con l’esperienza emotiva. Le emozioni accompagnano infatti l’azione degli SMI e possono esserne considerate indicatori di attività. In questa ottica ogni specifica esperienza emotiva può essere meglio compresa se rapportata al sistema motivazionale interpersonale entro cui si colloca.

Il sistema dell'attaccamento

Il sistema motivazionale dell’attaccamento è finalizzato all’ottenimento di aiuto e vicinanza protettiva da parte di un’altra persona individuata come potenzialmente idonea. Il sistema si attiva e assume il controllo di emozioni e comportamento nelle situazioni di dolore, pericolo, percezione di vulnerabilità e protratta solitudine. Quando è attivo regola una serie di emozioni tipicamente avvertibili in sequenza: paura (da separazione), collera (da protesta), tristezza (da perdita) e infine il distacco emozionale. Il sistema è disattivato dal raggiungimento dell’obiettivo della vicinanza protettiva segnalato da esperienze emotive di conforto, gioia e sicurezza. La disattivazione del sistema permette l’attivazione di altri registri motivazionali come quello dell’esplorazione, del gioco (cooperativo), della sessualità di coppia.

Il sistema di accudimento

Il sistema è reciproco a quello dell’attaccamento. Realizza la meta dell’offerta di cura verso un conspecifico avente il valore biologico di favorire le possibilità di sostentamento di altri individui all’interno del proprio gruppo. Il sistema è attivato dai segnali di richiesta di conforto e protezione (separation call) emessi da un altro individuo (a sua volta motivato dal sistema di attaccamento), o da percezione della sua fragilità/condizione di difficoltà. Le emozioni concomitanti l’attivazione del sistema sono l’ansiosa sollecitudine, la compassione, la tenerezza protettiva o la colpa per il mancato accudimento. Il sistema si disattiva alla cessazione delle condizioni attivanti, quindi dalla percezione di segnali di sollievo e sicurezza da parte dell’altro.

Il sistema sessuale (di coppia)

Il sistema motivazionale interpersonale sessuale è finalizzato alla formazione e al mantenimento della coppia sessuale con il valore biologico della riproduzione e del sostentamento della prole. Il sistema è attivato da segnali fisiologici interni all’organismo (variazioni ormonali, più importanti negli animali che nell’uomo) e da segnali comportamentali di corteggiamento emessi da un altro individuo solitamente del sesso opposto. Emozioni collegate all’attivazione del sistema sono il pudore, la paura del rifiuto e la gelosia; la percezione dell’avvicinarsi della meta invece è collegata all’esperienza emotiva del desiderio e piacere erotico. L’orgasmo pone termine all'attivazione episodica del sistema; che può essere disattivato anche dall’attivazione di altri SMI in forme incompatibili con la sessualità. All’interno della coppia sessuale può naturalmente verificarsi l’attivazione di altri SMI (attaccamento-accudimento, agonistico, cooperativo) con il conseguente arricchimento di forma e qualità della relazione.

Il sistema agonistico

Il sistema agonistico di competizione per il rango è finalizzato alla definizione dei ranghi di potere e di dominanza/sottomissione per regolare all’interno di un gruppo il diritto prioritario di accesso alle risorse. Una volta stabilita la gerarchia all’interno del gruppo, questa rimane presente ed attiva nel tempo, con il vantaggio biologico di eliminare la necessità di continue lotte che potrebbero sfiancare gli individui, finché non viene nuovamente posta in questione. La definizione dei ranghi avviene attraverso forme ritualizzate in cui l’aggressività non è primariamente finalizzata a ledere l’antagonista ma ad ottenere da quest’ultimo un segnale di resa.

Il sistema agonistico è attivato (a) dalla percezione che una risorsa è limitata e appetibile da più di un membro del gruppo sociale, (b) da segnali di sfida provenienti da un conspecifico, (c) nell’uomo da giudizio, ridicolizzazione, colpevolizzazione e altri segnali di rango. La disattivazione del sistema è determinata dal segnale di resa che comporta il riconoscimento della propria subordinazione al vincitore. Nell’uomo può disattivare il sistema l’attivazione di un altro sistema motivazionale (ad es. quello cooperativo).

Le emozioni collegate al sistema dipendono dal ruolo assunto (sottomissione o dominazione); legate alla resa sono la paura (da giudizio), seguita dalla vergogna e dalla umiliazione-tristezza da sconfitta e/o anche dall’invidia. I segnali di sfida sono accompagnati dalla collera che nel vincitore è seguita da sentimenti di superiorità e disprezzo per lo sconfitto. Il dominante tende a ricordare frequentemente ai subordinati la propria posizione attraverso due modalità: (1) la ripetizione di segnali di minaccia e dominanza (modalità più frequente nelle specie inferiori), (2) attraverso comportamenti di accudimento (soprattutto nelle specie superiori come i primati); ciò spiega perché, nell’uomo, ricevere accudimento non richiesto generi aggressività: il comportamento viene interpretato dal ricevente come un gesto aggressivo di dominazione.

Il sistema cooperativo paritetico

Il sistema ha come meta il conseguimento di un obiettivo comune, più facile da raggiungere attraverso un’azione congiunta. Il sistema è attivato appunto dalla percezione che risorse non limitate risultano più accessibili attraverso uno sforzo congiunto di più individui.

Concorrono all’attivazione del sistema la percezione della valenza degli altri individui interagenti in funzione dei fini prefissati e la percezione da parte dei “pari” di segnali di non-minaccia agonistica (ad es.: sorriso). Il sistema può essere disattivato dal raggiungimento dell’obiettivo, dal tradimento della lealtà cooperativa da parte di uno o più interagenti o anche dall’attivazione di altri sistemi motivazionali in forme incompatibili (es. sistema agonistico o anche sistema di attaccamento/accudimento).

Quando la meta è vista avvicinata o raggiunta le emozioni collegate all’attivazione del sistema riguardano la gioia da condivisione, la fiducia e l’amore amicale; senso di colpa, sfiducia e risentimento segnalano invece la trasgressione dalle mete proprie del sistema.


Riferimenti bibliografici:

Liotti G. e Monticelli F. (a cura di) (2008), I Sistemi Motivazionali nel dialogo clinico, Cortina.