domenica 9 gennaio 2011

Ritardo mentale: quale approccio sul piano educativo-riabilitativo?


Il ritardo mentale, o disabilità intellettiva, è caratterizzato da un funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media che si manifesta prima dell’età adulta e comporta carenze sul piano del comportamento adattivo che possono riguardare la comunicazione, l’auto-gestione, la vita domestica, le abilità sociali, la fruizione delle risorse della comunità, la salvaguardia della propria sicurezza personale oltre che il funzionamento scolastico e le capacità lavorative.

Questa condizione interessa circa il 2-3% della popolazione generale e presenta differenti livelli di gravità. Attualmente vengono specificati 4 gradi che riflettono il livello della compromissione intellettiva: Lieve (85% circa dei soggetti affetti), Moderato (10%), Grave (3-4%) e Gravissimo (1-2%).

Dopo la diagnosi, effettuata attraverso la valutazione con appositi test di intelligenza standardizzati (sempre indicata se possibile) e affidabili riscontri di deficit significativi del funzionamento adattivo, il problema che si pone riguarda il tipo di strategie da mettere in atto sul piano riabilitativo psico-sociale. In altri termini, che cosa fare per migliorare le condizioni di vita e le capacità di adattamento delle persone affette dal disturbo?

Il problema non è semplice e qualsiasi approccio strategico in chiave riabilitativa che miri ad essere concretamente efficace deve necessariamente comprendere almeno quattro aspetti: (1) un approccio globale rivolto alla qualità della vita della persona, (2) una accurata valutazione di base, (3) un progetto individualizzato che contenga interventi riabilitativi specifici, (4) un metodo di lavoro che preveda procedure di verifica sui risultati conseguiti.

Proverò a spiegare brevemente questi punti.


L’approccio deve essere rivolto alla qualità della vita

Qualsiasi approccio educativo-riabilitativo non può, come fine sovraordinato, non essere rivolto al miglioramento della qualità della vita della persona oggetto dell’approccio. Ciò vuol dire tener conto sia di aspetti soggettivi - come il benessere psicologico e la soddisfazione personale - che oggettivi, quali il sostegno dell’autonomia, la possibilità di essere produttivi, l’integrazione sociale e comunitaria.


L’approccio non può prescindere da una accurata valutazione di base

Il ritardo mentale può scaturire da molteplici eziologie che conducono a quadri individuali fra loro molto differenti. Una valutazione accurata prevede un aspetto quantitativo e uno qualitativo.
Il punto di vista quantitativo prevede necessariamente di partire dalla valutazione del livello di gravità del Ritardo.

I soggetti con Ritardo Lieve, con adeguata guida e assistenza, possono acquisire capacità sociali e occupazionali sufficienti per un livello minimo di autosostentamento. Per queste persone quindi le strategie riabilitative devono poter puntare all’acquisizione dell’autonomia necessaria a un graduale inserimento sociale e lavorativo nella comunità.

Una diagnosi di Ritardo Moderato non pregiudica totalmente la possibilità di un parziale inserimento lavorativo se a queste persone è offerta la possibilità di poter lavorare in ambienti protetti, sotto adeguata supervisione. Gli individui con questo livello di compromissione funzionale inoltre necessitano tipicamente di interventi indirizzati all’incremento dell’autonomia nella cura della propria persona e al miglioramento delle abilità relazionali e sociali.

Le persone con Ritardo Grave e Gravissimo hanno particolarmente bisogno di interventi specifici mediante i quali possono essere in grado di incrementare la loro autonomia e le loro abilità. La maggior parte di loro si adatta bene alla vita di comunità in contesti protetti e beneficia di trattamenti adeguati condotti in ambienti specializzati.

La valutazione quantitativa riferita al livello intellettivo non può bastare per approntare un adeguato iter riabilitativo. Persone con un medesimo Q.I. (Quoziente Intellettivo, punteggio che scaturisce dalla valutazione tramite appositi test standardizzati) possono infatti presentare difficoltà e deficit molto differenti.
È molto importante allora rilevare tramite osservazioni mirate e/o strumenti adeguati (esistono scale di valutazione specifiche) i deficit del funzionamento adattivo riferiti al singolo individuo, per pervenire a valutazioni cliniche che evidenzino capacità e carenze in diversi ambiti significativi.


L’approccio deve prevedere interventi educativo-riabilitativi specifici

Amore, accettazione, inclusione sono elementi essenziali di ogni strategia riabilitativa rivolta alle persone con disabilità intellettiva, ma non bastano a produrre miglioramenti funzionali significativi. Se isolati poi, possono scivolare verso un atteggiamento compassionevole e fatto di attenzioni generiche che rischia di rinforzare la persona nei suoi aspetti più regressivi.

In diretta conseguenza del punto precedente quindi, è necessario impostare interventi tecnici specifici, mirati ai deficit evidenziati e con l’obiettivo di migliorare le condizioni di partenza, quando ciò è ritenuto possibile.

Più estesamente, gli interventi specifici possono essere realizzati per perseguire una duplice direzione: da una parte tendere a favorire lo sviluppo di nuove competenze sul versante dell’autonomia personale, della comunicazione, delle abilità sociali; dall’altra indirizzarsi a ridurre frequenza e intensità di comportamenti disfunzionali (stereotipie, agiti aggressivi verso gli altri, condotte autolesionistiche, ecc…).

La validità degli interventi approntati (assieme alla loro precocità) costituisce un aspetto fondamentale di un approccio riabilitativo efficace. Un intervento può dirsi valido quando è di dimostrata efficacia. Nel corso degli ultimi quarant’anni, numerosi studi rivolti a persone con disabilità intellettiva hanno dimostrato l’efficacia delle tecniche psicologiche comportamentali sia nell’insegnamento di nuove abilità essenziali alla sopravvivenza sociale che nel decremento dei comportamenti-problema.


L’approccio deve servirsi di un metodo di lavoro che preveda procedure di verifica sui risultati conseguiti

L’impiego di collaudati interventi provenienti dal modello comportamentale prevede di essere preceduto e seguito da due distinti importanti passaggi.

(a) Prima di realizzare l’intervento è indicato stabilirne gli obiettivi scaturiti a loro volta dalla valutazione inizialmente effettuata. Gli obiettivi dovranno essere realistici e fattibili, mirando a un miglioramento delle condizioni di partenza quando ciò è ritenuto possibile. Inoltre gli obiettivi saranno espressi in modo chiaro e empiricamente verificabile.

(b) Gli interventi realizzati dovranno prevedere successive fasi di controllo sull’efficacia degli stessi in relazione agli obiettivi prestabiliti. In altre parole, si dovrà verificare se gli interventi effettuati hanno o meno prodotto i risultati prefissati. In caso negativo, gli operatori responsabili potranno approntare le necessarie correzioni.

Il percorso così delineato di valutazione → obiettivi → intervento → verifica, costituisce un metodo di lavoro che assicura la messa in campo di interventi di comprovata efficacia attraverso le procedure proprie del metodo scientifico.

È da aggiungere inoltre che la registrazione e documentazione di procedure ed esiti che necessariamente deriva dall’applicazione di un simile approccio, consente di tenere traccia dei risultati raggiunti e può favorire un circolo virtuoso di comunicazione potenzialmente utile ai diversi soggetti coinvolti nel Servizio erogato (famigliari degli utenti, operatori/educatori, responsabili amministrativi).


Riferimenti Bibliografici:

American Psychiatric Association (1994), DSM-IV, Masson.
Caracciolo E., Rovetto F. (a cura di) (1997), Ritardo Mentale: strategie e tecniche di intervento, FrancoAngeli.
Foxx R.M. (1986), Tecniche base del metodo comportamentale, Erickson.
Martin G, Pear J. (2000), Strategie e tecniche per il cambiamento: la via comportamentale, McGraw-Hill.