sabato 7 maggio 2016

Il Disturbo da stress post-traumatico

Il Disturbo da stress post-traumatico (conosciuto anche attraverso l'acronimo PTSD, dall'inglese Post-Traumatic Stress Disorder) si riferisce allo sviluppo di un insieme caratteristico di sintomi legati all'avvenuta esposizione ad uno o più eventi traumatici. Tali sintomi provocano significativo disagio e possono compromettere notevolmente la qualità delle relazioni affettive e sociali, nonché del funzionamento lavorativo di chi ne soffre.

Caratteristiche diagnostiche

La persona che sperimenta i sintomi ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con uno o più eventi implicanti morte, minaccia di morte, gravi lesioni o violenza sessuale. Tali eventi possono includere situazioni relative ad aggressioni fisiche reali o minacciate, scippi o rapine, rapimenti, tortura, esperienze militari in zone di guerra, incidenti automobilistici, disastri naturali, eventi o incidenti medici inattesi, abusi sessuali.

I sintomi del disturbo si caratterizzano per:

(1) L'intrusione ricorrente ed involontaria di vissuti associati all'evento traumatico subito che possono manifestarsi sotto forma di ricordi spiacevoli, incubi, reazioni dissociative (per es. flashback) in cui la persona sente o agisce come se l'evento traumatico si stesse ripresentando, intensa sofferenza psicologica e marcate reazioni fisiologiche all'esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simboleggiano o assomigliano ad aspetti associati all'evento traumatico;

(2) Un persistente evitamento degli stimoli associati all'evento traumatico (evitamento o tentativi di evitare pensieri, luoghi, persone, attività o situazioni associabili all'evento in quanto in grado di suscitare pensieri e sentimenti spiacevoli ad esso associati);

(3) Alterazioni negative di pensieri ed emozioni associati all'evento traumatico che possono evidenziarsi attraverso incapacità di ricordare aspetti importanti dell'evento traumatico (amnesia dissociativa), esagerate convinzioni o aspettative negative su sé stessi, gli altri e il mondo, pensieri distorti relativi alla causa dell'evento traumatico che portano la persona ad incolpare se stesso o gli altri, marcata riduzione di interesse o partecipazione ad attività significative per il soggetto, sentimenti di distacco/estraneità nei confronti degli altri, persistente incapacità di provare emozioni positive;

(4) Alterazioni dell'attivazione e reattività che possono evidenziarsi attraverso elevata irritabilità ed esplosioni di rabbia, comportamento spericolato o autodistruttivo, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, problemi di concentrazione, problemi ad addormentarsi o mantenere il sonno.

Sviluppo, prevalenza, decorso, fattori di rischio

Il Disturbo da stress post-traumatico può manifestarsi a qualsiasi età, fin dal primo anno di vita. Per i bambini al di sotto dei sei anni, le manifestazioni cliniche variano in parte da quelle sopra esposte che si riferiscono agli individui maggiori di sei anni [1]. Lo sviluppo completo dei sintomi avviene solitamente entro i tre mesi dall'esposizione all'evento traumatico, ma vi sono casi in cui si registra un ritardo di alcuni mesi o anche di anni (si parla in questi casi di “espressione ritardata”).

Le ricerche epidemiologiche sembrano indicare che l'esposizione ad esperienze traumatiche nel corso della vita sia piuttosto comune nella popolazione generale [2]. Uno studio su un ampio numero di soggetti [3] rappresentativo della popolazione generale degli USA, ha rilevato che il 51% negli uomini e del 61% nelle donne era stato esposto almeno una volta ad eventi traumatici. Lo stesso studio ha riscontrato una prevalenza media del disturbo dell'8% (10% per le donne e 5% per gli uomini); stime inferiori sono state riscontrate da ricerche condotte in Europa, confermando il dato che non tutti i soggetti esposti a un trauma sviluppano un PTSD.

Il decorso del PTSD è molto variabile. La durata dei sintomi è sempre superiore ad un mese [4], ma circa la metà degli individui adulti mostra una remissione completa entro tre mesi dalla diagnosi, mentre altri individui mostrano i sintomi per più di 12 mesi ed alcuni anche per decenni [5].  Il tipo di evento traumatico subìto gioca un ruolo significativo nello sviluppo e decorso del PTSD. Traumi implicanti l'esposizione intensa e ravvicinata a violenza interpersonale ed intenzionale sembrano, in particolare, associati a maggiore gravità e durata del disturbo [6].

I fattori di rischio sono solitamente suddivisi in pretraumatici, peritraumatici e post-traumatici.  
Tra i fattori pretraumatici il sesso femminile sembra essere maggiormente associato con il PTSD rispetto a quello maschile ed un'età più giovane (per gli individui adulti) al momento trauma espone ad un maggior rischio per lo sviluppo del disturbo così come uno status socio-economico basso, un basso livello di istruzione, pregressi disturbi psichiatrici nell'individuo o nelle figure di accudimento, precedenti esperienze traumatiche (particolarmente trascuratezza o abusi fisici e/o sessuali nell'infanzia) ed aspetti di personalità legati a pre-esistenti tendenze all’ansia e alla depressione. 
Per fattori peritraumatici si intendono quelli intervenienti in prossimità temporale del trauma, in contemporanea o in un momento immediatamente successivo. Eventi più gravi veicolanti un livello di minaccia più elevato, più duraturi e con caratteristiche di imprevedibilità e incontrollabilità sono quelli che maggiormente mettono alla prova le capacità individuali di adattamento ed espongono ad un rischio maggiore per il disturbo. Traumi implicanti violenza interpersonale sono associati con maggiore rischio di sviluppo del disturbo. 
Fra i fattori post-traumatici di rischio citiamo lo scarso aiuto e supporto ricercato/ricevuto dall'ambiente interpersonale, successivi traumi o eventi di vita avversi e la presenza nell'individuo di altri disturbi psichiatrici.

Il trattamento psicologico del PTSD

I modelli di intervento psicoterapeutico riconosciuti come più efficaci nel trattamento del Disturbo da stress post-traumatico sono quelli provenienti dall'approccio cognitivo-comportamentale e comprendono interventi di esposizione, ristrutturazione cognitiva, psicoeducazione e tecniche di gestione dell'ansia [7].
Le tecniche di esposizione (in vivo e narrativo/immaginative) si concentrano sul riesame delle memorie traumatiche e prevedono sostanzialmente che i pazienti vengano esposti agli stimoli temuti in condizioni di sicurezza, con lo scopo di estinguere le loro reazioni di ansia. La ristrutturazione cognitiva si focalizza invece sull'identificazione e ristrutturazione di pensieri e cognizioni disfunzionali alla base delle emozioni di paura, rabbia e senso di colpa comuni fra i pazienti. Questi interventi vengono solitamente associati a tecniche per la gestione dell'ansia mirate ad alleviare i sintomi e ad incrementare il controllo della reattività psicofisiologica e ad interventi di psicoeducazione su natura, caratteristiche e significato dei sintomi sperimentati dal paziente.

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[1] Il DSM-5 prevede criteri diagnostici separati per i bambini al di sotto dei sei anni di età; American Psychiatic Association, 2014
[2] Breslau, 2009; Kessler et al., 1995
[3] Indagine effettuata su un campione di 5877 persone di età compresa fra i 15 e i 54 anni (Kessler et al., 1995).
[4] La durata dei sintomi superiore ad un mese rappresenta uno dei criteri per diagnosticare il disturbo nel DSM-5
[5] American Psychiatric Association, 2014
[6] American Psychiatric Association, 2014; Craparo, 2013
[7] Foa et al., 2008; VA/DoD, 2010; Frueh et al., 2013.


Riferimenti bibliografici:

American Psychiatric Association (2014), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM-5, trad. it. Raffaello Cortina editore

Craparo G. (2013), Il disturbo post-traumatico da stress, Carocci

Foa, E. B., Keane, T. M., Friedman, M. J., & Cohen, J. A. (Eds.). (2008). Effective treatments for PTSD: practice guidelines from the International Society for Traumatic Stress Studies. Guilford Press.

Frueh, C., Grubaugh, A., Elhai, J. D., & Ford, J. D. (2013), Disturbo Post traumatico da stress. Diagnosi e trattamento, FerrariSinibaldi, Milano, 2013.

Kessler, R. C., Sonnega, A., Bromet, E., Hughes, M., & Nelson, C. B. (1995). Posttraumatic stress disorder in the National Comorbidity Survey. Archives of general psychiatry, 52(12), 1048-1060.

VA/DoD Management of Post-Traumatic Stress Working Group (2010), VA/DoD clinical practice guideline for management of post-traumatic stress, Veterans Administration, Department of Defense,  Washington DC, http://www.healthquality.va.gov/guidelines/MH/ptsd/cpg_PTSD-FULL-201011612.pdf