sabato 29 maggio 2010

Il training assertivo


La comunicazione ha luogo attraverso un processo circolare in cui le parti in causa si influenzano reciprocamente. Non esiste infatti un altrui comportamento comunicativo che non sia influenzato dal nostro e viceversa. All'interno di relazioni interpersonali problematiche, per esempio, accade spesso che le persone tendano ad incolpare l'altro o assumano atteggiamenti vittimistici senza considerare le responsabilità degli schemi in base ai quali si rapportano. Spostare l'attenzione su questi schemi può consentire di trovare la chiave per comprendere e risolvere i termini del conflitto.

Originatosi negli Stati Uniti negli anni '40-'50 all'interno della Terapia del Comportamento, il concetto di Assertività ha conquistato col tempo sempre maggiore importanza estendendo i propri campi applicativi. Esso identifica uno stile comunicativo che realizza la capacità di affermare se stessi senza negare o ledere i diritti degli altri.
Comunicare assertivamente coincide con la capacità di esprimere onestamente pensieri, intenzioni, sentimenti, critiche e necessità evitando ansia e aggressività e rispettando i diritti degli altri. All'interno di un gruppo di lavoro, l'impiego di uno stile assertivo riduce i conflitti, aumenta il grado di cooperazione, migliora le capacità di risolvere i problemi.

Lo stile assertivo si colloca idealmente a metà di un continuum che vede ad un polo uno stile comunicativo passivo e all'altro uno stile aggressivo.

Lo stile passivo è caratterizzato da un comportamento volto al ritiro ed alla dipendenza. Chi adotta questo stile tipicamente antepone i bisogni e le esigenze altrui alle proprie, inibisce le proprie emozioni, ha difficoltà ad esprimere il proprio punto di vista e ad instaurare rapporti autentici con gli altri a causa di imbarazzo, ansia o sensi di colpa.

Lo stile aggressivo caratterizza invece un soggetto arrogante ed invadente, che tende a prevaricare gli altri anteponendo le proprie esigenze a quelle altrui. Tale comportamento può condurre la persona ad ottenere ciò che vuole ma a spese della qualità delle proprie relazioni: le sue azioni squalificanti l’altro possono infatti a lungo termine rivelarsi molto negative per i suoi progetti lavorativi ed esistenziali.

Lo stile assertivo, collocandosi a metà fra questi due opposti, caratterizza il soggetto che esprime chiaramente ed onestamente emozioni, bisogni, desideri ed opinioni, riconoscendo la stessa facoltà agli altri e rispettandone i diritti.

Il training di assertività mira ad incrementare le risorse comunicative personali in senso assertivo, con il fine di migliorare la qualità delle relazioni con gli altri e il proprio benessere psicologico.

Nella cornice del modello di trattamento cognitivo-comportamentale, il training assertivo viene applicato in moltissimi contesti clinici: Fobia sociale, Depressione, Dipendenza da sostanze, Schizofrenia, disturbi sessuali, problemi di coppia, problemi di controllo dell'aggressività e di disadattamento sociale anche in età evolutiva.

il Training è applicato anche a non pazienti, nei casi in cui è utile incrementare le risorse comunicative e relazionali, particolarmente a soggetti che svolgono professioni o attività in cui la gestione di dinamiche interpersonali è cruciale per il benessere individuale e una migliore espressione di sè in chiave professionale.

In ogni caso è importante sottolineare che l'insegnamento e lo sviluppo di competenze assertive non vanno confusi con l'innesto di strategie artificiose nel comportamento sociale dell'individuo: il training assertivo si basa sullo sviluppo di forme espressive autentiche che passano necessariamente attraverso la consapevolezza e l'accettazione di sè, tappe fondamentali e integranti del processo.


Riferimenti Bibliografici:

Nanetti F.(2005), Assertività, Pendragon.
Galeazzi A., Meazzini P. (2004), Mente e comportamento, Giunti.


sabato 22 maggio 2010

Il modello cognitivo-comportamentale in psicoterapia



"Non c'è nulla che sia buono o cattivo, è il pensiero a renderlo tale"
William Shakespeare

La psicoterapia cognitivo-comportamentale, sviluppata a partire dagli anni '60 e costituita attraverso l'integrazione dei modelli comportamentistici e cognitivi, è oggi di fatto approdata all'approccio di maggior comprovata efficacia per il trattamento di diversi problemi psicologici.

I tratti costitutivi di questo modello originano principalmente da due filoni: il primo collocabile agli inizi del ventesimo secolo nella tradizione scientifica della psicologia sperimentale e direttamente derivato dal pensiero filosofico positivista. Il secondo da alcuni presupposti tipici della teoria della Gestalt degli anni trenta, dei quali il più rilevante è il convincimento che la persona elabori ed interagisca con una rappresentazione mentale dell'ambiente nel quale vive; di conseguenza le sue risposte non sono rivolte tanto all'ambiente in sè e per sè, quanto all'ambiente così come viene percepito e valutato.

L'integrazione di queste tradizioni ha costituito un modello di trattamento che si differenzia dagli altri approcci per queste principali caratteristiche:

a) La psicoterapia cognitivo-comportamentale è scientificamente fondata. Strutturazione e interventi terapeutici sono basati sul controllo empirico dei risultati. I metodi terapeutici utilizzati sono elaborati all'interno della ricerca scientifica ufficiale e i risultati scaturiti da studi controllati confortano l'efficacia della terapia per molti disturbi psicologici.

b) La psicoterapia cognitivo-comportamentale è orientata a uno scopo condiviso con il paziente. Terapeuta e paziente lavorano insieme per stabilire e condividere gli obiettivi della terapia. Dopo la formulazione della diagnosi è concordato il piano di trattamento che si adatta meglio alle esigenze del caso. L'andamento della terapia viene poi periodicamente monitorato in relazione agli scopi concordati.

c) La psicoterapia cognitivo-comportamentale è centrata sul presente. Il passato e la storia personale del paziente è di assoluta importanza in fase diagnostica per comprendere aspetti indispensabili dei problemi presentati, ma il lavoro terapeutico agisce essenzialmente su quello che succede nella vita attuale della persona prendendo in considerazione il suo modo di elaborare e gestire significati ed eventi.

d) La psicoterapia cognitivo-comportamentale è generalmente di breve durata. La durata della terapia varia di solito dai quattro ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedono un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall'integrazioine della terapia cognitivo-comportamentale con gli psicofarmaci e/o altre forme di trattamento. In ogni caso l'andamento del trattamento viene monitorato assieme al paziente a scadenze prestabilite, consentendone una trasparente valutazione dell'efficacia.

e) La psicoterapia cognitivo-comportamentale trasferisce conoscenze in grado di essere utilizzate dal paziente al di fuori e al termine della terapia. Il trasferimento di conoscenze e abilità ha come scopo quello di rendere il paziente in grado di padroneggiare autonomamente i problemi aumentandone il bagaglio di risorse. Presumibilmente anche per questa proprietà la terapia ha dimostrato di possedere efficacia a lungo termine in relazione a una vasta gamma di disturbi.


Riferimenti bibliografici:

Galeazzi A., Meazzini P. (2004), Mente e comportamento, Giunti.